L’arciprete della Basilica di San Pietro interviene a un convegno a Roma sulla cultura d’impresa nel magistero di Papa Francesco. Per il porporato “è necessario che l’imprenditore si comporti come un Buon Pastore e non come uno speculatore”. La speranza è nei giovani che “cercano e valorizzano un modello di business diverso dal profitto economico”
Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Il capitalismo, anche quello che ricerca il profitto, può avere un volto umano. Il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro, afferma che “abbiamo sempre più bisogno di aziende che vivano la loro missione al servizio della persona. I rischi sono quelli noti: la spersonalizzazione nei processi aziendali, imprese complesse che sono sempre meno governate dall’uomo ma da tecnologia, intelligenza artificiale, digitalizzazione…”. Fondamentali in questo discorso sono i giovani, perché “cercano e valorizzano un modello di business diverso dal profitto economico”. Il porporato ha parlato nella sede della Confindustria a Roma, nel corso della conferenza “Chiesa e cultura d’impresa nel magistero di Papa Francesco”, organizzata dall’Ente nazionale per il Microcredito.
L’impresa generi valori umani
Dunque, serve promuovere valori, che abbiano al loro centro il rispetto della persona umana. La vocazione dell’imprenditore è considerata una sorta di “atto creatore”, che promuove la dignità delle persone legate all’azienda, concorre al bene comune ed è in qualche modo partecipazione alla creazione di Dio. Il cardinale fa notare che “nel pensiero della Chiesa e del Papa, attraverso il lavoro che dà dignità all’uomo, è possibile superare la miseria. Per questo il compito dell’impresa è generare valore ed essere alternativa all’assistenzialismo”.
Buona economia con buoni impreditori
Davanti a Confindustria, il cardinale ricorda che nel 2012 all’Uniapac il Papa disse: “Tutte le attività umane, anche quella imprenditoriale, possono essere un esercizio di misericordia, che è partecipazione all’amore di Dio per gli uomini”. Poi al mondo del lavoro a Genova nel 2017: “L’imprenditore è una figura fondamentale in ogni buona economia: non esiste una buona economia senza buoni imprenditori, senza la vostra capacità di creare prodotti e creare posti di lavoro”. Per il porporato, quindi, “gli imprenditori autentici sperimentano la mistica dell’amore, un amore per l’impresa e che si traduce in rispetto dei diritti dei lavoratori”.
No a un’impresa che ricerca solo il profitto
Il cardinale però ricorda anche i risvolti controversi del Capitalismo. Gambetti fa notare che “il Papa non nasconde la propria apprensione e le proprie critiche rispetto alla cultura d’impresa che ricerca il profitto come suo unico obiettivo, fino a diventare in qualche caso una struttura idolatra e una forma di culto”. È per questo che per Francesco ‘il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia’. Dunque, “uno sviluppo tecnologico ed economico che non innalza la qualità della vita e va nella direzione opposta al miglioramento della situazione ambientale mondiale non può essere considerato progresso”.
L’imprenditore sia un Buon Pastore
E qui si inserisce il discorso sulla transizione ecologica valida ancor di più dopo la Cop28. Ecco che “occorre che le aziende facciano un uso misurato delle energie tradizionali e optino per percorsi meno inquinanti. Per fare questo, la responsabilità deve essere condivisa dalla politica e dall’economia, ma anche dai consumatori che sono chiamati ad essere gli artefici del cambiamento del comportamento delle aziende”. E’ quindi necessario che l’imprenditore si comporti come un Buon Pastore e non come uno speculatore che mira solo al profitto concependo “un’azienda senza volti”.
Sì alla proprietà privata ma non in modo assoluto
Francesco quindi chiede di promuovere un’esperienza di fraternità e di solidarietà nelle aziende. “Esse – dice il cardinale Gambetti a Confindustria – devono avere al centro la vita del lavoratore: i sogni, i bisogni, le speranze e le fatiche. Il lavoratore va retribuito secondo giustizia, ascoltato e incentivato nella sua responsabilità e creatività per generare altro lavoro”, perché le indagini dicono che solo il 4% dei lavoratori in Italia è motivato da un ideale nell’andare al lavoro. Ne consegue che “il diritto di proprietà va promosso ma non è assoluto, i beni sono in uso. Le tasse e le imposte sono considerate da Francesco una forma elevata di condivisione della ricchezza, perché i soldi diventano in tal modo beni pubblici”. Concetti che stanno alla base di una società equa, in cui tutti hanno il giusto, perché “il patto fiscale è il cuore del patto sociale”.
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