Quali sono le tendenze per la compravendita di terreni e gli affitti? Le sedi regionali del Crea – Politiche e Bioeconomia, coadiuvate dal Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali (Conaf), hanno rilevato alcuni trend che spingono al moderato ottimismo, confermano un rinnovato interesse per la terra, tanto in compravendita quanto in affitto.
Due modalità differenti, che rispondono entrambe alle esigenze degli imprenditori agricoli, con l’affitto che meglio si adatta alla minore facilità di manovra dei giovani imprenditori, stretti fra costo del terreno e mutui con tassi di interesse cresciuti rapidamente negli ultimi dodici, diciotto mesi.
L’inflazione ha giocato un ruolo non secondario nel mercato della terra. Secondo il Rapporto annuale stilato dal Crea, infatti, l’attività di compravendita di terreni agricoli è continuata a crescere nel 2022 (+1,5%), anche se a ritmi decisamente più ridotti di quelli registrati nell’anno precedente. Il numero di atti si colloca stabilmente sopra i 150mila all’anno.
I prezzi tra Nord e Sud
Il prezzo della terra è cresciuto relativamente di più nel Nord Ovest (+3,2%) e nel Nord Est (1,2%), mentre nel Centro Sud l’aumento si è attestato intorno a +0,5/+0,8%. Fra le novità da segnalare, in particolare, per la prima volta da diversi anni a questa parte nessuna regione presenta un arretramento del livello dei prezzi, ma la disparità tra regioni del Nord e del Centro Sud allarga la forbice dei prezzi, già piuttosto rilevante.
Osservando le cifre, infatti, rispetto ad un prezzo medio nazionale di 22.600 euro per ettaro, al Nord i prezzi raggiungono quasi i 35mila euro/ettaro nel Nord Ovest e ben 47mila euro/ettaro nel Nord Est, mentre nelle altre aree agricole del Centro Sud non si supera la soglia dei 15mila euro/ettaro in media.
L’inflazione cresce di più
Benché i prezzi nominali abbiano segnato un incremento nell’ordine del +1,5%, non riscontrabile da oltre quindici anni, l’aumento generalizzato dei prezzi al consumo (+8,1%) ha sostanzialmente ridotto il valore reale del patrimonio fondiario, che è precipitato a meno dell’80% del livello rilevato intorno al 2000.
Giù il credito e le erogazioni
Secondo le stime della Banca d’Italia, le erogazioni nel 2022 sono diminuite del 6% rispetto al 2021. Si parla di una contrazione sensibile: 350 milioni di euro rispetto ai circa 500 milioni di euro riscontrabili nel periodo 2016-2019. Quanto alla distribuzione territoriale del credito, il Nord concentra i due terzi del totale nazionale. E il rischio, secondo gli analisti, è quello di vedere aumentare i mutui in sofferenza, per effetto dell’aumento dei tassi di interesse.
Quali sono i fondi più richiesti?
Il mercato evidenzia che la ricerca da parte degli imprenditori agricoli si accende per i fondi agricoli dotati di una solida infrastrutturazione, di buona fertilità e ubicati in aree adatte a colture di pregio e produzioni ad alto valore aggiunto come vite, ortofloricole, aree a denominazione di origine.
Sui vigneti, in particolare, gli operatori si mostrano più intenzionati a investire per l’acquisto che non orientarsi all’affitto. Il re dei prezzi si dimostra il Barolo (si arriva fino a 1,5 milioni di euro all’ettaro per acquistare nelle zone più prestigiose della Dop), seguito da altre grandi produzioni vinicole di altissima qualità e con mercati dei vini potenzialmente in crescita all’estero, che inevitabilmente trascinano verso l’alto il prezzo. E così, sul podio finiscono anche Montalcino, l’Alto Adige (Lago di Caldaro, Val Venosta, Valle Isarco), i territori della Valdobbiadene, del Trentodoc, la zona di Bolgheri, per citare i primi (la classifica è consultabile su WineNews).
Nessun effetto della riforma Pac
L’incognita della riforma della Politica Agricola Comune (Pac), la riduzione dei pagamenti diretti e i maggiori vincoli ambientali richiesti dal nuovo regime comunitario entrato in vigore con lo scorso gennaio, non ha più di tanto influito sull’andamento delle quotazioni.
Le rinnovabili
L’agrovoltaico al momento non sembra influenzare i prezzi, anche perché – ricorda il Crea – in genere gli operatori del settore preferiscono contratti di cessione dei terreni di lunga durata anziché l’acquisto.
In sostanza, gli operatori segnalano un cauto ottimismo senza negare le difficoltà legate alle incertezze del quadro economico internazionale, all’evoluzione della Pac e alle misure previste dal Green Deal.
Il cambiamento climatico pesa
Pesano, inoltre, i cambiamenti climatici, che impongono prudenza in un contesto in cui la tropicalizzazione del clima apre il fianco a rischi di perdite colturali e a costi assicurativi particolarmente impegnativi, ancorché in parte sostenuti da fondi pubblici.
Affitto, il mercato è vivace
Resta vivace il mercato degli affitti, soprattutto nelle regioni settentrionali dove la domanda tende a prevalere sull’offerta, ad esclusione soltanto delle zone più marginali.
Quanto all’andamento dei canoni, diversi operatori intervistati segnalano un incremento generalizzato a causa dell’inflazione, sia per le nuove contrattazioni che per i rinnovi legati agli adeguamenti Istat previsti dai contratti. Non così, naturalmente, in tutte le aree.
Rispetto al 2010, la superficie agricola condotta in affitto, comprensiva degli usi gratuiti, è ulteriormente aumentata (+27%), con gli incrementi più consistenti al Sud (+37%): complessivamente, a livello nazionale, parliamo di 6,2 milioni di ettari, pari al 50% della Superficie Agricola Utilizzata (Sau) nazionale.
A decretare lo stato di salute degli affitti è stato anche il pesante aumento dei tassi di interesse, deciso dalla politica monetaria della Banca Centrale Europea (Bce), che ha costretto le aziende agricole a ridurre gli investimenti, spingendo in particolare i giovani imprenditori a preferire l’affitto all’acquisto di terreno.
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