TRENTO. È partita questa mattina, mercoledì 30 marzo, la demolizione del Cinema Astra. Al suo posto sorgerà la nuova “Residenza Cinema Astra”. Si tratta di uno stabile da 26 appartamenti con un prezzo compreso fra i 375.000 e i 785.000 euro, per un valore complessivo dell’operazione che si avvicina ai 10 milioni di euro.
La storia del cinema Astra è la storia della famiglia Artuso. In primis del capostipite Antonio, venuto a Trento da Conegliano, ed abile gestore di sale cinematografiche: prima con la sala Littorio di piazza Silvio Pellico, poi nel 1940 quando apre in un capannone della famiglia Zanotelli, in corso Tre Novembre, il cinema “Roma”. Poi del figlio Ernesto, il vero “padrone” dell’Astra di corso Buonarroti, sui cui passi a sua volta aveva camminato il figlio Antonio, che in questi giorni ha comunicato la chiusura.
Dunque il cinema Astra, a Trento, sorge nel 1951 in un terreno acquistato dagli Artuso alla periferia della città: era un campo incolto, con qualche ciliegio, ma Antonio Artuso senior accarezza l”idea di costruirci il suo cinema, dato che al Roma – visto il successo e gli incassi a gonfie vele – la famiglia Zanotelli reclamava la gestione per subentrare agli Artuso. E proprio mentre ci stava pensando, arriva la “benedizione”: un biglietto vincente della Lotteria della Regata Storica di Venezia, che vale 5 milioni di lire (un patrimonio, per allora).
Nel settembre 1952 il proiettore si accende per la prima volta nella sala (ma non sono mancati colpi di scena e traversie, come la “concorrenza” di un industriale che voleva aprire un altro cinema lì accanto, e così anche il parroco di Cristo Re, che chiese l’autorizzazione per una sala parrocchiale da 700 posti, preoccupato per l’arrivo di un cinema che avrebbe potuto “distrarre” i suoi parrocchiani con film spregiudicati).
Il primo film? Fu una pellicola del Filmfestival della Montagna. Antonio Artuso senior, infatti, era ancora in attesa del nullaosta per le proiezioni, e la burocrazia andava a passo di bradipo. Proiettare però le pellicole del Festival della Montagna (e ospitare la cerimonia di premiazione) accelerò le carte bollate. Subito dopo, il primo film commerciale: era il 20 settembre 1952 e l’Astra aprì i battenti con un film con l’attrice trentina Edda Albertini (presente in sala): “Clandestino a Trieste”.
La storia della sala (con platea e galleria superiore) passa da tutti gli eventi della storia di Trento, compresa l’alluvione del 1966 che allagò la sala con un metro e mezzo d’acqua; poi andò avanti fino al 2003 quando Antonio (nipote) inaugura – il 9 ottobre – il nuovo multisala Astra con annessa caffetteria-osteria.bistrot. Su progetto dell’architetto Gabriella Daldoss. Una seconda vita, durata 18 anni. Ed oggi l’epilogo.
Se la storia dell’Astra è una metafora della storia della città di Trento, allora è vero che iniziò come sala di film “di seconda”, che erano la specialità di Artuso. Sui film in prima distribuzione, le case cinematografiche chiedevano percentuali sugli incassi. Lui aveva scelto invece – per il suo pubblico popolare – pellicole di seconda visione, ottenibili a prezzo fisso. Ci guadagnava bene, anzi benissimo: erano tempi in cui si facevano fino a 5 spettacoli al giorni, dalle 14 alle 24, e in una sola giornata si staccavano oltre mille biglietti. Così Artuso poteva reggere la concorrenza dei tantissimi cinema di allora: il Modena, il Sociale, il Vittoria, l’Italia, il Dolomiti, e poi il San Marco, il San Pietro, d’estate pure il cinema all’aperto (anche gli Artuso ne gestirono uno negli anni Quaranta in una pergola di via Roggia Grande); senza contare che si proiettavano film anche nei teatri di Cognola, Povo, Mattarello…
Gli anni d’oro durano fino alle soglie del 1968. Poi inizia la crisi del cinema in tutto il mondo: occorre cambiare, occorre innovare. Ernesto Artuso, in numerose interviste (a Vittorio Curzel, a Paolo Piffer, le più importanti) spiegava che la vera differenza fu quella del pubblico: “Prima venivano tutti, dai 9 anni agli 80. Con la televisione, ad esempio, sparì il pubblico anziano, che non usciva più di casa”.
Un capitolo importante fu quello del cineforum, che ha dato all’Astra una sua connotazione “moderna” di sala sempre più d’essai ed “intellettuale”. Il cineforum, a Trento, era portato da Gianluigi Bozza e Piergiorgio Rauzi, interpreti dei cambiamenti culturali post-68. Prima al “Dolomiti”, e poi, per forza, in una sala privata. Chiesero al Modena, che però voleva una cifra esorbitante per il noleggio della sala. L’Astra invece capì le potenzialità di quel “mercoledì culturale”. E diventò la vera casa dei cinefili trentini, fra cui l’indimenticato Riccardo Pegoretti.
Ora l’Astra chiude, ed è una chiusura dolorosa, ma anche lo specchio dei tempi. Se la televisione, negli anni Sessanta, aveva dato un duro colpo agli incassi, oggi sono i film in streaming, da Netflix ad Amazon, a spegnere i proiettori delle sale. Con il colpo di grazia del Covid. Anche se la trattativa di vendita era già in corso da un anno. La storia dell’Astra è tutta qui: da una favolosa vincita alla lotteria, ad un favoloso affare immobiliare.
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